mercoledì 23 marzo 2005

compiti per casa

Esercizio:
trovare il significato della seguente espressione dialettale:
La capa mi cuffea!

mi raccomando che dopo interrogo!

6 commenti:

Freeariello ha detto...

- Cuffià -
"Pure 'e cuffiate vanno 'n Paraviso", suona un detto popolare con cui ci si suole difendere dalle burlature forse gratuite, forse ingenerose di cui si è fatti oggetto. Cuffià, cioè dileggiare, beffare, deridere, canzoare, burlare, motteggiare, prendere in giro o in caricatura, schernire. E lo spirito salace, canzonatorio, "repassatore" tutto proprio dei napoletani non può non ricorrere frequentemente ed agevolmente alla cuffiatura... Sta poi al cuffiato saperla prendere con il dovuto senso dell'umorismo, magari ribattendo con un'altra massima dal sapore di vaga minaccia: "'o gabbo coglie e 'a jastemma no", ma non è detto che la cosa abbia solo e sempre risvolti ameni! Tanto più se ci si rifà alla vera e remota origine del termine, in forza del quale il cuffiato per antonomasia era l'individuo messo alla gogna: colui, cioè, che in riparazione ed espiazione di una certa colpa - per lo più di natura infamante - veniva condannato ad essere aggiogato, testa e mani goffamente protese in avanti, a quello specifico supplizio, assumendo pertanto una postura particolare...
Rimedi forse fin troppo esemplari di epoche andate, come quello analogo del venir "messo alla berlina", ossia in un apposito gabbione (questo il significato di berlina, che qui non ha niente a che vedere con carrozze di sorta), ubicato nella pubblica via. E' evidente che i passanti ridicolizzassero, beffandolo e dileggiandolo, il malcapitato oggetto di quel trattamento, destinatario per ciò stesso di più o meno crudeli cuffiature. Ed è specificamente in questa direzione che l'etimologia fornisce il più illuminante supporto: cuffià deriva appunto dal greco "kufon", letteralmente gogna pubblica per condannati; e ciò con buona pace di ogni altra fantastica ipotesi, accreditante presunte discendenze dal gufo o da altre amenità...
La presenza del vocabolo nella nostra letteratura è quasi una costante
[...]
...in "Tatonno 'e Quagliarella" di G.Capurro musicata da Bongiovanni nel 1919 ("Facite comm'a me: senza timore cuffeio pure 'a morte e 'a piglio a riso...").
E forse è proprio in questa sovrana irrisione alla morte, accompagnata da un distaccato beffardo sorriso, che si condensa e si sublima tutta la millenaria saggezza del popolo napoletano, tutta la perenne, stoicistica essenzialità del suo complesso sussistere, la garanzia più esplicita della sua sicura, rinnovantesi sopravvivenza...

da "Alfabeto napoletano" di Renato de Falco - Ed. Colonnese

il fravecatore ha detto...

te l'hann' da da!

non ci sono altri commenti che tengano, il mio alunno migliore!

Freeariello ha detto...

Beh, bisogna divulgare... e poi il napoletano si parla in tutto il mondo, saperlo può sempre tornare utile.

Anonimo ha detto...

mi sorprende come sia f.b. a commentare il proverbio napoletano, m'aspettavo la firma di filippo bertini, borgo passini, comune di sal luigi lupatoto, provincia di verona...

f.b. non cambia mai!!!!!!

Freeariello ha detto...

Ma chi fosse stu F.B.??

Freeariello ha detto...
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